A dar retta ai curriculum vitae, l’inglese degli italiani è sempre ottimo, parlato e scritto. Ma sappiamo tutti che non è così. Magari le regole di grammatica più o meno si conoscono, ma in materia di pronuncia inglese, gli italiani commettono sempre e inesorabilmente gli stessi sbagli.
Vediamo quali sono e come evitarli per sempre.
Nella scuola italiana, la pronuncia inglese si insegna male. Talvolta non si insegna del tutto. Lungi dall’essere i soliti disfattisti nei confronti della didattica nostrana, non bisogna dimenticare che gli insegnanti non sono madrelingua e la loro pronuncia non è sempre perfetta.
Può anche capitare che alcuni professori diano un loro tocco personale alla pronuncia British con l’accento della regione italiana di provenienza.
È un dato di fatto: nelle ore di inglese si studiano bene i reflexive pronouns, si metabolizzano il present continuous e tutti gli usi della -ing form, si assimilano i verbi irregolari e si fanno tanti, tantissimi compiti scritti.
Alla fine, il tempo da dedicare alla pronuncia inglese è poco e saper scrivere a memoria il paradigma del verbo to buy, è più importante che pronunciare un TH con tutti i crismi.
Risultato? Si studiano le lingue per anni e al primo viaggio in Inghilterra non si capisce una mazza di quello che dicono gli inglesi. E loro non capiscono questi strani esseri che gesticolano tanto, ma parlano una lingua incomprensibile.
Ecco un luogo comune da abbattere: i British non si sforzano di capire il nostro inglese o fanno finta di non comprendere. Chi afferma tale idiozia, poi aggiunge: “Com’è che quando parlo inglese con uno spagnolo o un russo ci capiamo?”
Semplice: perché entrambi lo parlate da cani. I vostri errori di pronuncia sono più o meno gli stessi e ciò vi garantisce una certa intesa linguistica.
A prescindere dagli errori di pronuncia inglese, gli italiani tendono a parlare questa lingua con la stessa velocità in cui parlano l’italiano, senza scandire sillaba per sillaba. Sarà colpa dell’agitazione, ma i risultati sono disastrosi.
Avete mai sentito un inglese fare il verso a un italiano che parla? “Tatatatatatatatatata...” È il suono onomatopeico di una mitragliata.
Ora capite che il povero British non sta facendo finta di non capire: davvero non afferra una parola di quello che dite.
Non è una leggenda: per pronunciare correttamente il th è obbligatorio mettere la lingua tra i denti, anche se vi vergognate a morte. Bluetooth (cliccate ascoltate la pronuncia corretta) non è blutut, così come Thanks, non è tenks… quella è la pronuncia di carrarmati (in inglese, tanks). Vi renderete conto che se un inglese si aspetta un grazie da voi, si domanderà cosa cavolo c’entrano i cingolati.
Ascoltatevi un po’ di parole che contengono il temuto suono: Both (entrambi), Earth (Terra), Faithful (fedele) e ripetetele finché non superate tutte le vostre timidezze. Come ultima spiaggia, andate dallo psicologo.
L’approssimazione degli italiani in tema di pronuncia inglese raggiunge l’apice nell'articolazione delle parole che iniziano con la H. Prendiamo il verbo Hate (odiare). Se tralasciate la H diventa ate, il past del verbo to eat (mangiare). Quindi, se volete dire al vicino d’ombrellone che odiate spalmarvi la protezione solare (I hate sunscreen), e non pronunciate la H, lui capirà che la crema voi ve la siete mangiata.
Sono tante le parole che, senza la H, diventano altro: Hold (tenere) diventa Old (vecchio), Hat (cappello) diventa At (preposizione di stato in luogo), Hair (capelli) diventa Air (aria). E poi capita che, sempre gli italiani, aspirino con impegno la H laddove neanche esiste o in quei termini che, eccezione alla regola, ce l’hanno muta, come Hour (ora), Honest (onesto), Heir (erede).
Se i sardi foneticamente raddoppiano le consonanti, gli inglesi le dimezzano. Prendiamo Sorry (scusa). Se cliccate e ascoltate, sentirete una sola R, così come in Cherry (ciliegia) o Raspberry (lampone). E in termini come Apple (mela) o Happy (felice), sentirete una sola P.
Se trovate consonanti doppie, pronunciatele come fossero una: questa è una delle tante regole della pronuncia inglese.
Quando parliamo inglese, ciò che ci rende immediatamente riconoscibili come italiani e proprio la pronuncia della lettera R. Bella, chiara e arrotolata. Peccato che nella migliore pronuncia inglese la R neanche si sente. Ascoltate parole come Hard (duro), Person (persona), Artichoke (carciofo), Dinner (cena). Non c‘è traccia della lettera R.
Naturalmente stiamo parlando di British pronunciation, perché in inglese americano la R si sente eccome. Ma non è la R italiana. Ascoltate le differenze tra la pronuncia di Perfume (US) e Perfume (UK).
Se nella vita di tutti i giorni usiamo parole inglesi, allora è ancora più opportuno pronunciarle correttamente. Cominciamo con stalker (Stalker (UK) e Stalker (US), termine entrato da poco nei nostri tribunali. Sia in inglese britannico sia in inglese americano, la L non si sente: cliccate e ascoltate il termine più volte e speriamo lo facciano anche i giornalisti dei vari TG.
Rimanendo in tema di obbrobri televisivi, parliamo di Talk show: la regola è la stessa. La lettera L, seguita dalla K, non si deve sentire.
Esistono parecchie lettere dell’alfabeto che, posizionate in un certo punto della parola, diventano mute. Andate all'articolo dedicato alle Silent letters che comprende i vari esempi di parole contenenti consonanti e vocali che non si pronunciano.
Per una pronuncia inglese comprensibile, queste regole vanno imparate a memoria.
Qui non si tratta di errori di pronuncia veri e propri, ma semplicemente di disattenzione e trascuratezza. Quando un taliano parla inglese, si dimentica sistematicamente la S dei plurali. Così come la S della terza persona singolare del presente indicativo: he buy, he see, she walk… invece che he buys, he sees, she walks... provate a negarlo.
Tutto sommato non ci vuole poi molto per migliorare la pronuncia inglese. Basta un minimo di attenzione quando si articolano le frasi. È sufficiente spendere qualche secondo in più per pensare prima di aprire la bocca… ma questo vale per tutte le lingue.
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