Il cinese è la lingua più parlata al mondo. Ma qual è esattamente il cinese che ci viene insegnato e che caratteristiche ha questo complicato idioma?
La Cina, con il suo miliardo 341 milioni e 900 mila abitanti, è il paese più popoloso del mondo e la lingua cinese è senza dubbio la più parlata del pianeta. Impararla rappresenta dunque un ottimo investimento, sia per ipotetici lavori futuri sia come bagaglio culturale.
Parlare in generale di lingua cinese significa far riferimento a un’ampissima famiglia linguistica che comprende centinaia di lingue e dialetti spesso non mutuamente intelligibili (che non si capiscono gli uni con gli altri).
Quindi, per mettere un po’ di ordine, indichiamo i principali tre termini cinesi utilizzati per indicare la lingua cinese:
Con il termine cinese hànyǔ, (汉语, letteralmente lingua Han), si intende l’idioma che viene parlato dall'etnia cinese Han, la più estesa del paese: copre circa il 93% della popolazione.
Geograficamente gli Han hanno sempre occupato il territorio che si estende lungo il fiume Giallo, 黄河 Huáng Hé, area in cui è sorto e si è sviluppato il grande impero cinese.
Ed è proprio a loro che comunemente si fa riferimento quando si parla di storia e cultura cinese, così come quando si parla di lingua e sistema di scrittura.
Il restante 7% della popolazione è composto da 55 minoranze tra cui i Mongoli ( 蒙古族 - Měnggǔ Zú), gli Uiguri ( 维吾尔族 - Wéiwúěr Zú), i Tibetani ( 藏族 - Zàng Zú), i Manciù ( 满族 - Mǎn Zú) e i Miao ( 苗族 - Miáo Zú).
Il termine zhōngwén 中文 racchiude in sé tutte le lingue e i dialetti parlati all'interno dei confini della Repubblica Popolare Cinese. Vorrei sottolineare che le differenze dialettali in Cina sono particolarmente significative, data la vastità del territorio. A tal proposito, il noto linguista cinese Zhao Yuan Ren paragonava le divergenze delle forme linguistiche cinesi a quelle che si potrebbero incontrare tra la lingua olandese e l'inglese, o il francese e l'italiano.
L'espressione più utilizzata dagli stessi cinesi per indicare la propria lingua resta comunque pǔtōnghuà 普通话 (parola comune), che noi traduciamo con mandarino e che indica il sistema linguistico standard istituito nel 1955 durante il Congresso per la Riforma della Scrittura. Quello che noi studiamo, quindi, è proprio il pǔtōnghuà, ma tutte e tre le espressioni possono essere utilizzate liberamente senza temere di essere fraintesi.
La lingua cinese appartiene al grande gruppo delle lingue sinotibetane, l’insieme di idiomi parlati in Asia, e presentano tra loro numerose affinità sia strutturali sia morfologiche sia fonologiche.
Innanzitutto sono lingue isolanti o monosillabiche, non hanno cioè declinazioni o flessioni e vantano un gran numero di parole costituite da un'unica sillaba. Questo significa che le unità lessicali, i vocaboli, sono invariabili.
Un esempio? I verbi non hanno né modo né tempo, e non si coniugano a seconda del soggetto. Le relazioni sintattiche quindi vengono segnalate dalla posizione delle parole nella frase o con l’ausilio di particelle.
Altra caratteristica comune è quella di essere lingue tonali: la realizzazione fonetica delle sillabe è contraddistinta da un andamento melodico. È proprio la variazione di tono a determinare la variazione di significato.
Per capire meglio occorre fare la conoscenza dell'elemento base del discorso cinese: la sillaba.
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