Gli errori ortografici, la sciatteria del lessico o il congiuntivo, che pochi ancora usano, sono solo alcuni degli aspetti che caratterizzano ultimamente la lingua di Dante e di Petrarca. Alla salute instabile dell’italiano, si aggiunge il costante assalto degli anglicismi. Ma, sotto questo aspetto, un miglioramento rispetto al passato sembra esserci stato: se le parole inglesi che utilizziamo oggi esistono davvero, in altri tempi ce le inventavamo.
Sembra che l'italiano versi in cattive acque. Lo dimostrano le parole prese in prestito dall’inglese anche quando esistono ottimi corrispettivi in italiano, la povertà lessicale imperante, la punteggiatura approssimativa, l’uso scorretto dei tempi verbali o, addirittura, il congiuntivo e il futuro che, nel mondo in diretta, sembrano non avere più ragione di esistere.
Come se non bastasse, gli strafalcioni vengono quotidianamente legittimati dalle alte cariche dello Stato, ma anche dai giornalisti di testate storiche. Come se un twit o un post su Facebook giustificassero l'anarchia ortografica.
La situazione della lingua italiana preoccupa già da tempo l’Accademia della Crusca, la prestigiosa istituzione linguistica italiana che cerca di preservare la purezza del nostro idioma, pur consentendogli di adeguarsi ai tempi moderni. Il 20 gennaio 2017, l’Accademia bacchetta il legislatore per l’uso di espressioni inglesi inutili nella stesura delle leggi italiane. In particolare, si riferisce alla legge che riguarda “l’attività di ristorazione in abitazione privata”, che nel testo viene definita all’inglese: home restaurant.
Ora, si domanda la Crusca, perché non utilizzare l’espressione italiana più chiara "ristorante domestico"? Le nostre leggi peccano già di chiarezza, che senso ha renderle ancora più incomprensibili ai più?
Lo stesso discorso andava fatto per il Jobs Act (cliccate e ascoltate la pronuncia corretta), che si poteva chiamare molto più semplicemente legge sul lavoro, almeno si evitava di sentirlo pronunciare alla Lino Banfi (giobs ect). Senza contare poi che, a ispirare il legislatore di casa nostra, in questo caso è stato JOBS ACT, acronimo di Jumpstart Our Business Startups Act, una legge a favore delle piccole aziende, varata da Barack Obama durante il suo insediamento. A grandi linee, tale legge consentiva di usufruire di finanziamenti pubblici o privati a sostegno della loro attività, attraverso per esempio il crowdfunding. Legge che, in questo frangente, eliminava il peso della burocrazia sulla piccola impresa.
Poco c’entra dunque con l'inutilmente esotico Jobs Act di casa nostra.
Il clamore della crisi linguistica italiana supera i confini nazionali e sembra preoccupare persino il quotidiano inglese The Guardian, che titola così un articolo del 2017: “L’italiano è sotto l’assalto crescente degli anglicismi, dell’uso sciatto dei verbi e del continuo restringimento del vocabolario.” L’autore del pezzo analizza con serietà lo stato del “language of Dante and Petrarch” e, a sostegno della sua tesi, intervista per l'appunto Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca, nonché Professore ordinario di Storia della lingua italiana e Linguistica italiana, che dichiara, tra l'altro, come migliaia di parole italiane siano a rischio estinzione.
Il problema degli anglicismi, secondo il The Guardian, stupisce ancora di più quando ci si rende conto che alcune delle parole inglesi che il Bel Paese utilizza con tanta disinvoltura, in realtà, in inglese non esistono proprio. Nel senso che ce li siamo proprio inventati. Così, nell’articolo, si arriva a una breve panoramica sui più famosi pseudo anglicismi utilizzati da anni in Italia e inseriti in tutti i vocabolari italiani.
Non si poteva non cogliere la palla al balzo e arricchire la lista, provando a risalire alle origini di tanta creatività.
In inglese non c'è traccia del termine pullman. Non esiste proprio. Esiste invece coach, o semplicemente bus, per indicare lo stesso tipo di veicolo. Com’è successo allora che dal termine nostrano torpedone siamo arrivati all’esotico pullman?
Bisogna tornare alla metà dell'Ottocento, quando George Mortimer Pullmann, industriale americano, ideava il wagon-lit, il vagone letto sui treni, battezzato ai tempi Pullman sleepers (le cuccette di Pullman). Come il termine arrivò in Italia e sostituì torpedone, non si sa. Certo è che “Torpedone Gran Turismo” non sarebbe stato altrettanto appealing ai giorni nostri.
Il termine camper, che in italiano indica un mezzo da turismo che sta a metà tra il furgone e la roulotte, in inglese vuol dire campeggiatore e si applica a persone che amano il camping. Molto probabilmente siamo partiti dal termine poco usato camper van, furgone da campeggio, e abbiamo pensato bene di abbreviarlo utilizzando solo camper.
In ogni modo, se siete all’estero e chiedete informazioni per noleggiare un camper, vi guarderanno con aria interrogativa. In inglese, in generale, il camper si chiama motorhome, casa motorizzata, mentre negli Stati Uniti si preferisce l'acronimo RV (che si pronuncia ar vi), che sta per Recreational Vehicle, veicolo per scopo ricreativo.
Ecco un altro termine inventato. Con footing si intende la corsetta lenta che fa tanto bene alla salute. È vero che la radice è foot, piede, attrezzo principale per correre, ma il termine in inglese non esiste. Se siete amanti della corsetta e volete fare gli internazionali, parlate di jogging, che deriva dal verbo to jog: correre a passo lento, andare al trotto.
Dall’infinito inglese to lift, che vuol dire tirare su, elevare, innalzare, in Italia abbiamo coniato lifting per riferirci all’operazione di chirurgia plastica che rimuove rughe e pelle pendente. In inglese, però, la stessa procedura si chiama facelift.
È opportuno sapere che il sostantivo lift vuol dire anche accompagnare in macchina, dare uno strappo: "Can you give me a lift?".
Il termine water, pronunciato vàter in italiano, (cliccate la parola in blu e ascoltate la pronuncia corretta in inglese), in inglese, per l'appunto, vuol dire acqua. In Italia, water viene utilizzato per indicate il vaso sanitario, come ben specifica Wikipedia versione italiana: “Il vaso sanitario o water (pronuncia: /'vater/) è un apparecchio sanitario costituito da un vaso, generalmente in ceramica… destinato allo smaltimento degli escreti di funzioni fisiologiche come la minzione e la defecazione.” Si ringrazia l’autore per aver fornito la descrizione dettagliata.
Treccani offre più o meno la stessa definizione e la stessa pronuncia.
Dal momento che, in inglese il vaso sanitario, la tazza, si chiama toilet bowl (pronunciato tòilet bòul), tutto deve aver avuto origine da water closet, letteralmente stanzetta dell’acqua, ovvero piccola stanza con i servizi igienici… un gabinetto, insomma. Molto probabilmente abbiamo preso in prestito l’espressione, l’abbiamo interpretata a modo nostro e ridotta a un’unica parola che poco c’entra con l’oggetto in questione.
Secondo il Sabatini-Coletti, pullover è un sostantivo inglese e significa "maglia di lana o di cotone, generalmente con maniche, con scollatura a V o a giro collo, sinonimo di maglione e golf".
In inglese americano, pull over (staccato) è invece un phrasal verb, un tipo di verbo che, con una determinata preposizione, acquista un diverso significato. Il verbo to pull (tirare), con l’aggiunta di over (sopra), vuol dire accostare, poggiare a destra, fermare l’auto. “Pull over!” vi urlerà il poliziotto yankee se avete appena commesso un'infrazione alla guida della vostra auto.
In Gran Bretagna, tutto attaccato, pullover indica sì un "indumento che si infila per il collo", il maglione, ma il termine è davvero poco usato. Per quanto riguarda golf, golfino, in inglese, il golf è solo ed esclusivamente lo sport fatto di buche e mazze. Nulla a che fare con la maglieria.
Se volete parlare di maglioni, parlerete di sweater, magari di un turtleneck sweater, un maglione a collo alto (letteralmente maglione dal collo a tartaruga).
Rimaniamo in campo tessile. La felpa sportiva sintetica idrorepellente e termicamente isolante nata negli Stati Uniti, che noi chiamiamo pile, pronunciato 'pail', nell’idioma anglosassone, non esiste. Lo stesso prodotto si chiama polar fleece (maglione polare). Il termine pile esiste, ma indica un tipo di tessitura industriale. Nasce probabilmente qui l’inganno: il metodo di tessitura, in Italia, potrebbe essere diventato il nome del prodotto stesso.
In inglese smoking indica solo ed esclusivamente l’azione del fumare. La giacca elegante da uomo, di solito nera o bianca, con risvolti di seta, o l’abito intero, che noi chiamiamo smoking, per il mondo che parla inglese è tuxedo (pronunciato taxìdo). La smoking jacket esisteva però... nell’Ottocento. Altro non era che una vestaglia da camera, più o meno lunga, che veniva utilizzata in casa quando si fumava.
Spider vuol dire ragno, e questo lo sanno anche i bambini. Per gli amanti delle auto è invece un’auto sportiva, bassa, a due posti e decappottabile. Vedi l’Alfa Romeo Spider, più conosciuta come Duetto. In inglese, una macchina del genere si chiama roadster, e se è una decappottabile, si aggiunge convertible. Allora da dove deriva il termine spider usato per tali autovetture? Da un tipo di carrozza americana di fine Ottocento, trainata dai cavalli, che si chiamava appunto spider o spyder, perché, a quanto pare, ricordava la forma dell'aracnide.
Tutto il mondo sa cosa vuol dire mister: signore, ma non tutto il mondo sa che solo in Italia il mister è l’allenatore o il direttore tecnico di una squadra di calcio. Ma come ci si è arrivati a questo significato di mister del tutto personale?
Le origine del calcio sono antichissime, se calcio si può chiamare qualunque tipo di gioco con la palla. Per parlare di calcio moderno, dobbiamo invece andare in Inghilterra, nei primi anni del 1600. Qui, in alcuni college inglesi furono stilate le prime regole del gioco, come viene più o meno inteso oggi.
Ma sarà un paio di secoli dopo che nascerà il primo vero club di calcio al mondo: lo Sheffield Football Club. In Italia, la squadra di calcio più antica, e ancora operante, è il Genoa, fondata nel 1893. E qui si risolve il mistero: i primi allenatori delle squadre italiane furono per l’appunto inglesi e dunque il Mister Smith o Mister Adams del caso, per i calciatori italiani divennero tutti Mister. E così è ancora tutt'oggi.